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5 consigli per risparmiare senza ricorrere alla Fast Fashion

24/04/2017
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5 consigli per spendere poco senza ricorrere alla Fast Fashion

Una piccola guida al risparmio per comprare meglio ma a meno
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Siamo entrate nella Fashion Revolution Week. Per tutti coloro che non sapessero di cosa sto parlando vi invito a dare un occhio alla pagina ufficiale dell’iniziativa cliccando qui dove potrete trovare tute le informazioni in merito. Il post di oggi non vuole parlarvi direttamente di questo movimento nato qualche anno fa e che cerca di combattere le “cattive abitudini” (per usare un eufemismo) della cosiddetta “Fast Fashion” cercando di promuovere una moda più etica e sostenibile, voglio invece darvi qualche consiglio su come poter acquistare capi che non provengono da quel genere di filiera ma senza spendere un’esorbità perchè, è inutile girarci attorno, questo genere di capi costa indiscutibilmente di più rispetto a quelli della Fast Fashion.

Ieri ho pubblicato un video sul mio canale YouTube dove vi raccontavo come ho cambiato le mie abitudini proprio per cercare di acquistare in modo più consapevole, e vi spiego che cosa si intende per moda sostenibile e moda etica.

P.S. scusate la foto di copertina dove sembro strafatta ma mi ero dimenticata di scattarla e quindi ho dovuto ripiegare su un fermo immagine 😉 .

Ma adesso entriamo nel vivo del post ed ecco la mia mini guida e i miei 5 consigli per un acquisto piu’ etico e sostenibile ma con un occhio anche al nostro portafoglio.

Iscrizione alle Newsletter

Ormai ci si iscrive a talmente tante newsletter che a volte non si presta nemmeno piu’ molta attenzione a quello che c’è davvero scritto: spesso non si leggono, si cancellano senza nemmeno aprirle o ci si fa confondere da quello che stanno cercando di venderci in quel momento. Il primo step è quindi quello di fare un po’ di pulizie di primavera e disiscriversi da tutte quelle newsletter che non ci interessano, e dei brand della Fast Fashion. In questo modo, da un lato stiamo lontano da possibili tentazioni e dall’altro possiamo davvero beneficiare delle offerte che ci vengono proposte e che ci possono aiutare a risparmiare sui nostri acquisti.

Codici sconto, vendite “private”, buoni acquisto… insomma, ce n’è per tutti i gusti. Spesso ci viene anche dato un codice sconto o un buono nel momento in cui ci iscriviamo, ecco perchè conviene iscriversi sempre poco prima di avere in programma un acquisto così da non rischiare di perderlo (solitamente hanno tutti una scadenza abbastanza ravvicinata).

Proprio grazie alla newsletter di Kings of Indigo (uno dei miei brand preferiti per quanto riguarda i jeans) ho potuto partecipare alla loro vendita promozionale che fanno a fine saldi. Solitamente per 3 giorni puoi acquistare una selezioni di capi con il 70% di sconto e questo significa riuscire a comprare jeans creati con materiali sostenibili o riciclati attorno ai 30 Euro. Per accedere a questa vendita però bisogna entrare in un’area riservata del sito inserendo una password che, guarda un po’, si trova all’interno della loro newsletter.

Credits: Anuschka Rees

I saldi hanno di nuovo un senso

In principio si chiamavano “liquidazioni” (sia mia nonna che mia mamma per altro usano ancora quel termine), questo perchè in realtà, un tempo i saldi venivano visti come “l’ultima spiaggia”. A fine collezione, per evitare di avere delle rimanenze di magazzino, venivano venduti i capi invenduti durante la stagione ad un costo piu’ basso riducendo i margini di guadagno (meglio venderlo guadagnando poco piuttosto che tenerlo fermo in magazzino e rischiare di non venderlo affatto).

Adesso invece i saldi hanno acquistato tutto un altro sgnificato. Avendo lavorato per qualche anno per una catena della Fast Fashion vi posso dire che i saldi sono uno dei momenti piu’ importanti e dove si guadagna di piu’ nel corso dell’anno (cosa che invece nel passato era l’opposto). Addirittura vengono creati dei capi apposta per quel periodo da vendere sottoprezzo, il guadagno infatti è dato dalla quantità: comprare 10 magliette a 3 euro piuttosto che una a 30.

Ma noi abbiamo davvero bisogno di 10 magliette a 3 euro? Non ne basterebbe una, fatta come si deve, senza sfruttamento nè di persone nè dell’ambiente e che magari non si buchi dopo i primi due lavaggi? Io preferisco di sì e quindi inizio a tenere d’occhio i capi che mi interessano e, a meno che non sia una questione di vita o di morte (ma parliamoci chiaro, stiamo parlando di vestiti quindi anche se non troviamo piu’ disponibile un capo, non succede nulla…), aspetto a comprarlo fino all’ultimo quando la percentuale di sconto è salita e magari, proprio per evitare di avere fondi di magazzino, i marchi aggiungono altre promozioni.

Credits: The Note Passer

Second season, I don't care!

Non so voi, ma a me, che un capo sia di una collezione passata interessa relativamente, anche considerando il fatto che: UNO – spesso le mode durano più stagioni, DUE – se così fosse ogni volta bisognerebbe rifarsi il guardaroba da capo a piede e non credo sia una via percorribile, TRE – non mi interessa seguire una moda impostami dall’alto ma preferisco indossare quello che piace a me e che mi fa sentire bene.

Da un lato possiamo quindi andare nei vari outlet che stanno sbucando come funghi di qua e di là nelle varie città e dove poter acquistare capi spesso molto scontati ma di una buona qualità. Dall’altro lato sempre più spesso troviamo sui vari siti dei marchi una sezione dedicata proprio alla cosiddetta “second season“. Anche qui spesso si possono fare degli affari anche se il periodo migliore per acquistare in queste sezioni rimane sempre quello dei saldi perchè spesso le percentuali di sconto sono un po’ “ballerine” e uno stesso capo scontato durante i saldi al 50%, poi va scontato del 30% durante il resto dell’anno per poi tornare al 50% o ancor meglio al 70% ai saldi sucessivi.

Vintage è bello

Possiamo chiamarlo vintage, second hand oppure semplicemente seconda mano, ma perchè dover comprare per forza dei capi nuovi se possiamo acquistarne alcuni usati ma ancora in perfette condizioni? Ho notato che stanno aprendo sempre più spesso questo genere di negozi dove poter sia portare i vestiti che non usiamo più in cambio di buoni o denaro, sia a nostra volta comprare abiti ancora perfetti ma con un notevole risparmio.

Esistono anche vari siti dove acquistare capi di seconda mano, dal classico Ebay a Depop, al più fighetto Vestiare Collective. Un’altra idea che vi propongo è quello di creare dei mercatini, magari con le vostre amiche. Organizzare una bella cena, un aperitivo o un brunch, magari in occasione del cambio di stagione, dove portate i vestiti che non indossate più e dove poterli scambiare con quelli che non mette più la vostra amica, così, oltre a passare del tempo in compagnia, tornerete a casa con un sacco di cosette nuove.

Credits: _kbittencourt

Tornare alla "Slow Fashion"

Parliamoci chiaro, adesso il discorso della “moda etica” o “moda sostenibile” è anche un po’ una moda e spesso alcuni marchi lo usano come uno strumento di marketing o una scusa per far pagare di più un capo, per cui a volte forse è davvero semplicemente sufficiente tornare a come si facevano le cose un tempo, facendo le cose bene e facendole pagare il giusto.

Non è detto che un marchio perchè sia etico debba per forza definirsi tale. Ci sono tantissimi marchi che non si sponsorizzano come “Etici” ma non per questo non lo sono, anzi, semplicemente lavorano come si faceva una volta e con, giustappunto, un’etica lavorativa.

Creano collezioni con un numero ridotto di capi, più a misura umana, producono magari in Italia o in altri paesi europei come Spagna e Portogallo e hanno dei prezzi più che accessibili.

Come riconoscerli? Beh, cercando di capire un po’ la storia del marchio e guardare la collezione, solitamente collezioni non troppo ampie sono sinonimo di un lavoro più “a misura d’uomo” creando capi nel rispetto di chi li produce e di tutta la catena.

Credits: Greenblunt

Ricordatevi anche voi di scattate una foto durante la settimana dal 24 al 30 aprile indossando un capo al contrario dove sia ben visibile l’etichetta del marchio che l’ha prodotta e pubblicatela sui vostri social taggando il marchio in questione e chiedendogli #whomademyclothes? per una maggior chiarezza sull’origine dei nostri abiti.

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